Corte Costituzionale 24 luglio 2013 n. 237 sulla Geografia giudiziaria: un capolavoro di giuridichese

Ci voleva coraggio.
(cliccare su questo link per leggere il testo integrale della sentenza: AnaiLatinaCorteCost2013_237).
Qualche “ciliegina”:
Si deve dunque ritenere che il Parlamento, nell’approvare la legge di conversione di un decreto-legge, possa esercitare la propria potestà legislativa anche introducendo, con disposizioni aggiuntive, contenuti normativi ulteriori, peraltro con il limite – precisato dalla giurisprudenza successiva – dell’omogeneità complessiva dell’atto normativo rispetto all’oggetto o allo scopo (sentenza n. 22 del 2012). Si evidenzia in tal modo il diverso connotarsi della legge, quale ordinaria fonte di conversione del decreto-legge, da un lato, e, dall’altro, quale autonomo fondamento di disposizioni assunte dal Parlamento, distinte da quelle dell’originario decreto-legge anche quanto all’efficacia temporale. Dunque, la disposizione di delega introdotta nell’ordinamento con la legge di conversione, costituendo una statuizione distinta dal decreto-legge, deve essere ricondotta direttamente alla potestà legislativa del Parlamento“.

…nel caso in esame si è in presenza di una misura organizzativa, in cui la soppressione dei singoli
tribunali ordinari ha costituito la scelta rimessa al Governo, nel quadro di una più ampia valutazione del complessivo assetto territoriale degli uffici giudiziari di primo grado, finalizzata a realizzare un risparmio di spesa e un incremento di efficienza; valutazione che ha richiesto lo svolgimento di un’articolata attività istruttoria, come si desume dalla relazione che accompagna il decreto legislativo n. 155 del 2012 e dalle schede tecniche allegate − le quali, con specifico riferimento alle singole realtà territoriali, illustrano le modalità di applicazione dei criteri −, nonché dai diversi pareri e relazioni sottoposti all’attenzione del Governo e delle Camere, e richiamati nelle ordinanze di rimessione.
Quanto al d.lgs. n. 156 del 2012, anch’esso, per conseguire l’obiettivo di una razionalizzazione nella distribuzione degli uffici del giudice di pace, si è avvalso di un’analisi caratterizzata, da un lato, dall’individuazione della capacità di smaltimento effettivo e, dall’altro, dall’individuazione dei carichi di lavoro del singolo ufficio. Ebbene, da una parte, risulta per tabulas che non vi è stata una esplicita o formale violazione dei criteri di delega (a parte il caso già esaminato di Urbino), dall’altra, la loro applicazione non manifesta elementi di irragionevolezza e risponde a un corretto bilanciamento degli interessi.
La scelta del legislatore delegato, come richiesto dal carattere generale dell’intervento, non poteva essere effettuata valutando soltanto i dati dei singoli uffici e i relativi territori in una comparazione meramente statistica, come si assume, in sostanza, nelle ordinanze di rimessione, dovendo, invece, inserirsi in una prospettiva di riorganizzazione del territorio nazionale in un’ottica di riequilibrio complessivo degli uffici di primo grado.

Anche la prospettata violazione dell’art. 3 Cost. (principi di eguaglianza e di ragionevolezza) non sussiste, sia in ragione della complessiva ragionevolezza della delega conferita al Governo – per le sue finalità e per l’indicazione di criteri oggettivi ed uniformi per tutto il territorio nazionale – sia, quanto ai decreti legislativi, per la diversità delle situazioni degli uffici giudiziari interessati, come posto in luce nelle menzionate schede tecniche.
Con riguardo alla prospettata violazione dell’art. 24 Cost., per denegata giustizia e difficoltà di accesso alla giustizia, è di tutta evidenza che non vi è impedimento o limitazione e che la soluzione adottata contempera, in una dimensione di ragionevolezza, più valori costituzionalmente protetti, al fine di garantire una giustizia complessivamente più efficace.

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