Secondo il Tribunale di Verona il rimborso forfettario è una percentuale (non fissa, ma) variabile tra l’1% e il 15%, spettando comunque al difensore motivarne l’ammontare richiesto (no comment) – Sentenza 23 maggio 2014 n. 1153

Motivi della decisione

C.D. e S.F. hanno convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale l’ I. nella sua qualità di procuratore di Cassa di Risparmio del Veneto per sentire revocare, annullare o dichiarare nullo il decreto del 17.12.2012 con il quale il Giudice Designato del Tribunale di Verona aveva loro ingiunto di pagare in favore della prima la somma di euro 104.697,54 quale saldo debitorio comprensivo di capitale ed interessi del rapporto di conto corrente n. 10826/66 intercorso tra la Impresa Edile C.D. e S.F. s.n.c. (d’ora innanzi per brevità solo Impresa Edile) e la filiale di Cologna Veneta di Banca intesa.

Nel ricorso monitorio era stato spiegato che il C., quale socio illimitatamente responsabile della Impresa Edile, in data 16.11 2004 aveva prestato fideiussione fino alla concorrenza della somma di euro 500.000,00 in favore della succitato istituto di credito a garanzia delle obbligaziori contratte o da contrarre dalla società sopra menzionata;
il S. a sua volta e sempre in qualità di socio illimitatamente responsabile della Impresa Edile, in data 12.11.2004 aveva prestato analoga fideiussione di pari importo;
la predetta filiale faceva parte del ramo di azienda che il predetto istituto di credito aveva ceduto, con atto del 24 settembre 2008, alla Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo Spa che successivamente aveva assunto la denominazione di Cassa ci Risparmio del Veneto.

A sostegno della opposizione gli attori hanno dedotto che:
- quanto controparte aveva sostenuto nel ricorso monitorio circa l’inattività della società Impresa Edile non corrispondeva al vero, poiché la proprietà di essa era stata ceduta in data 19 agosto 2011 a P.A. e L.T. e a seguito di tale operazione essa aveva assunto la denominazione Impresa Edile PA e LT s.n.c.;
- la banca non aveva dato prova di aver preventivamente escusso la succitata società quale debitore principale;
- la documentazione che la convenuta aveva prodotto a sostegno della richiesta monitoria non costituiva prova idonea del credito ingiunto ed era contraddetta da una missiva inviata successivamente dall’istituto di credito che veniva allegata all’ atto di citazione.

La causa è giunta a decisione senza lo svolgimento di attività istruttoria in difetto di istanze istruttorie delle parti.

Ciò detto con riguardo alle prospettazioni delle parti e all’iter del giudizio, la domanda di parte attrice opponente è palesemente infondata e va pertanto rigettata.

Ed infatti, esaminando singolarmente i motivi di opposizione dedotti dagli opponenti, a ciascuno di essi è possibile replicare nell’ordine che:
- la convenuta ha desunto la situazione di inattività della Impresa Edile dall’estratto della camera di commercio ad essa relativo e non vale a contraddire tale evenienza, la circostanza, menzionata da parte attrice,del passaggio ci proprietà delle quote societarie avvenuto nel 2011;
- l’istituto di credito convenuto non aveva l’obbligo di escutere preventivamente il debitore principale, in mancanza di una previsione contrattuale che lo prevedesse e data la natura solidale della obbligazione del fideiussore;
- gli attori non hanno contestato l’entità del credito ingiunto, pur a fronte della produzione da parte della convenuta, già nella fase monitoria degli estratti del rapporto di conto corrente per cui è causa, relativi al periodo dal maggio 2010 si marzo 2012 (doc.11 );
- la lettera di Banca Intesa che gli attori hanno prodotto come doc. 1 non ha affatto il significato che essi le hanno attribuito poiché si riferisce, come può desumersi dall’oggetto di essa riportato nella sua prima parte, al rendiconto garanzie prestate al 28.06.2012.

Venendo alla regolamentazione delle spese di lite esse vanno poste a carico degli attori in applicazione del criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo facendo riferimento al d.m. 55/2014. che è entrato in vigore il 3 aprile di quest’anno.
In particolare la somma spettante a titolo di compenso va determinata riducendo del 50 % i valori medi di liquidazione previsti dal predetto regolamento per le fasi di studio, introduttiva e decisionale delle cause di valore compreso tra euro 52.000,01 ed euro 260.000,00 tenuto conto della semplicità della controversia.
Nessun compenso va riconosciuto per la fase istruttoria o di trattazione che non ce stata.
Il compenso spettante alla convenuta opposta per l’intero giudizio, sulla base dei predetti criteri, è quindi pari ad euro 4.015,00.

Peraltro nel caso di specie, è possibile applicare l’art. 4, co.8, del D.M. n.55/2014, potendo qualificarsi la difesa della resistente come “manifestamente fondata”, secondo l’espressione utilizzata da tale norma.

Essa invero è stata introdotta nel D.M. 55/2014 a seguito del recepimento dell’orientamento che il Consiglio di Stato aveva espresso nel parere n.161 del 18 gennaio 2013 sulla bozza di revisione dei parametri predisposta all’epoca dal Ministero. La norma in esame ha quindi previsto quella che lo stesso Consiglio di Stato ha definito, in quella occasione, come un’ipotesi di soccombenza qualificata, riconoscibile ex officio dal giudice, avente la duplice finalità non solo di “scoraggiare pretestuose resistenze processuali” ma soprattutto di “valorizzare, premiandola, l’abilità tecnica dell’avvocato che, attraverso le proprie difese, sia riuscito a far emergere che la prestazione del suo assistito era chiaramente e pienamente fondata nonostante le difese avversarie” (così testualmente il richiamato parere del Consiglio di Stato e in termini pressoché identici la relazione ministeriale al d.m. 55/2014).

Ciò chiarito sulla genesi della disposizione in esame, essa viene in rilievo, ad avviso di questo Giudice, nei casi in cui il difensore di una parte riesca a far emergere la fondatezza nel merito dei propri assunti, e specularmente l’infondatezza degli assunti di controparte, senza dover ricorrere a prove costituende e quindi solo grazie al proprio apporto argomentativo. Volendo esemplificare si può pensare ai casi in cui la causa risulti di pronta soluzione sulla base di prove documentali di facile intelligibilità ovvero perché involge questioni giuridiche relativamente semplici o ancora perché non vi è stata contestazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione.

Nel caso di specie la difesa della convenuta ha fornito il contributo richiesto dalla norma in esame poiché all’udienza del 6 febbraio 2014 aveva evidenziato come parte attrice non avesse contestato l’entità del credito ingiunto e non avesse comprovato i propri assunti.

Il compenso spettante al difensore della convenuto può pertanto essere aumentato di euro 1.200,00 ai sensi dell’art. 4, comma 8, d.m. 55/2014.

Quanto alla voce rimborso spese generali è opportuno chiarire che la percentuale del 15 % fissata dall’art. 2 comma 2 del regolamento 55/2014 costituisce l’entità massima riconoscibile a tale titolo.

Infatti l’art. 13, comma 10, del legge 247/2012 ha previsto che:”Oltre al compenso per la prestazione professionale, all’avvocato è dovuta, sia dal cliente in caso di determinazione contrattuale, sia in sede di liquidazione giudiziale, oltre al rimborso delle spese effettivamente sostenute e di tutti gli oneri e contributi eventualmente anticipati nell’interesse del cliente, una somma per il rimborso delle spese forfetarie. la cui misura massima è determinata dal decreto di cui al comma 6, unitamente ai criteri di determinazione e documentazione delle spese vive” (sottolineatura dello scrivente).

A sua volta l’art. 2, comma 2 del d.m. 55/2014 ha stabilito che all’avvocato é dovuta – in ogni caso ed anche in caso di determinazione contrattuale – una somma per rimborso spese forfettarie di regola nella misura del 15 per cento del compenso”.

Nella relazione illustrativa al d.m. 55/2014 si legge che la individuazione nella misura del 15 % del rimborso forfetario è il frutto del recepimento del parere espresso dalla commissione giustizia della camera e che essa, testualmente, “dà attuazione all’art. 13 comma 10 della legge 247/2012 che rimette proprio al d.m. la determinazione della misura massima del rimborso forfetario”.

Pertanto secondo il regolamento, ma anche secondo la legge, la misura del 15 % è la misura massima. Il che significa che l’entità del rimborso forfetario può variare dall’1 % al 15 %.

A fronte di tali dati normativi, la precisazione da parte dell’art. 2, comma 2, del d.m. 55/2014 che il riconoscimento della percentuale del 15 % deve avvenire “di regola” non vale ad individuare una importo massimo vincolante per il giudice, atteso che la legge non prevede un simile vincolo (si noti peraltro che tale espressione è utilizzata dal regolamento anche con riguardo agli aumenti o alle diminuizioni apportagli ai valori medi di liquidazione dei compensi).

Pertanto, ad avviso di questo Giudice, solo a seguito di istanza adeguatamente motivata è possibile riconoscere alla parte vittoriosa la percentuale massima prevista a titolo di rimborso spese generali e, in difetto di essa, può riconoscersi solo il valore medio di liquidazione, pari allo 7,50 % della somma liquidata a titolo di compenso.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando, ogni diversa ragione ed eccezione disattesa, rigetta le domande degli attori opponenti e per l’effetto li condanna in solido tra loro a rifondere alla convenuta opposta le spese del giudizio che liquida nella somma di euro 5.215,00, a titolo di compenso, oltre rimborso spese generali nella misura del 7,5 % sul predetto importo, Iva, se dovuta, e Cpa.

(fonte: Telconsul Editore – http://www.teleconsul.it/leggiArticolo.aspx?id=284786&tip=ul)

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