La “copia cartacea informale” (recte “di cortesia”) è mera prassi nata nell’emergenza: ora deve essere combattuta e abolita perchè costituisce pericolo per la funzione defensionale e aggravio di costi per gli utenti.

Il punto 4 (“Copie informali”) della Circolare 23 ottobre 2015 del Ministero della Giustizia, quanto alla “copia cartacea informale dell’atto o documento depositati telematicamente” (di cui specifica che è cosa “diversa dalla copia depositata per ordine del giudice ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9, d.l. n. 179/2012“), stabilisce che “La messa a disposizione del giudice di tale copia, ad opera delle parti o degli ausiliari, costituisce soluzione o prassi organizzativa sovente adottata a livello locale e non può essere oggetto di statuizioni imperative, né, in generale, di eterodeterminazione: giova qui sottolineare soltanto che tale prassi, libera da qualsiasi vincolo di forma, non sostituisce né si aggiunge al deposito telematico, costituendo soltanto una modalità pratica di messa a disposizione del giudice di atti processuali trasposti su carta. Pertanto le copie in questione non devono essere formalmente inserite nel fascicolo processuale. Laddove, tuttavia, gli atti e documenti così messi a disposizione del magistrato vengano materialmente inseriti nel fascicolo cartaceo, il cancelliere non dovrà apporvi il timbro di deposito o altro equivalente, onde non ingenerare confusione“.

L’esperienza concreta del processo telematico ci insegna che anche i Magistrati hanno i loro problemi con il processo telematico, ma che essi, piuttosto che pretendere con forza dal Ministero mezzi adeguati, risolvono agevolmente la loro emergenza scaricando sugli avvocati – parte debole del sistema giustizia – l’onere di produrre copie di cortesia.
Ciò avviene con poche e, va detto, commendevoli eccezioni.
Sul punto la circolare si limita ad affermare, tortuosamente, che la prassi delle copie informali “non può essere oggetto di statuizioni imperative, né, in generale, di eterodeterminazione“, mentre era non solo sufficiente, ma soprattutto necessario, dire “è vietato”.

Tale prassi è invece perniciosa poichè:

  1. il difensore che deposita o consegna la copia di cortesia o “copia cartacea informale” non potrà mai dimostrare di averlo fatto poichè su di essa non può essere apposto alcun timbro dell’ufficio;
  2. la copia di cortesia non fa parte del fascicolo processuale;
  3. le parti non hanno alcun controllo sulle copie di cortesia, sicchè non hanno modo nè di sapere se la propria controparte le ha depositate, nè di poter verificare se queste siano conformi a quelle facenti parte del fascicolo telematico (la difformità ben potrebbe essere dovuta ad errore e non necessariamente a dolo);
  4. il mancato controllo potrebbe essere fonte per i difensori di responsabilità professionale;
  5. il Magistrato, tuttavia, troverà comprensibilmente comodo studiare la causa proprio sulle copie di cortesia e, ove ciò faccia per economia di tempi, è insensato immaginare che poi vada a verificarne la conformità con quelle digitali;
  6. viene vanificata l’essenza stessa del processo telematico, che non a caso ho in altri interventi definito “telecartaceo“.

Il nostro auspicio è che l’Avvocatura, dopo un periodo di responsabile collaborazione per consentire al sistema di entrare a regime, si opponga fermamente a qualunque prassi sulle copie di cortesia, che costituiscono un grave pericolo per la funzione defensionale e aggravio di costi per gli utenti.

[Armando Argano - 24 ottobre 2015]

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