La dittatura “democraticovestita” si evolve ancora: qualcuno ora pensa anche all’abolizione della Giustizia Amministrativa.

Non solo la revisione delle circoscrizioni giudiziarie con la scure di un inesistente risparmio per le casse dello Stato, ma ora anche l’abolizione della Giustizia Amministrativa.
La brillante idea è proposta nientepopòdimenochè dal Prof. Romano Prodi, il quale, tuttavia, siguarda bene dal dire che è sua, ma la riconduce alle doglianze di un non meglio specificato “potenziale investitore”.
L’articolo, che lascia davvero senza parole sin dal titolo, è dell’11 agosto 2013 ed è consultabile nel sito del Professore (http://www.romanoprodi.it/articoli/abolire-tar-e-consiglio-di-stato-per-non-legare-le-gambe-allitalia_7074.html).
Come ha giustamente e con forza osservato il Presidente Nazionale ANAI Avv. Maurizio De Tilla: “È evidente il segno della intolleranza verso la legalità (fenomeno diffuso) in nome di risparmi di spesa. Un appalto frutto di imbrogli e corruzione, un concorso assegnato con procedure illegittime ben può permanere per aumentare il PIL. Meglio che la corruzione el’illegalità si espandano, che far spendere soldi allo Stato per tutelare i diritti
E così le sentenze dei Giudici Amministrativi non danno a Prodi occasione di osservare che le pubbliche amministrazioni che errano dovrebbero fare le cose per bene, bensì solleticano lo snobistico fastidio per tutto ciò che è d’impaccio ai poteri economici forti di cui è da sempre – dietro la sua apparente bonomìa – implacabile alfiere.
Il Professore afferma infatti che “Il ricorso al Tar è diventato un comodo e poco costoso strumento di blocco contro ogni decisione che non fa comodo, penetrando ormai in ogni aspetto della vita del paese. La conseguenza è che, in presenza di un’eterna incertezza, i capitali e le energie umane fuggono dall’Italia verso luoghi nei quali quest’incertezza non esiste. Non essendo giurista non riesco a suggerire rimedi che non cadano poi nella rete degli azzeccagarbugli ma, nella difficile realizzabilità del l’abolizione del Tar, chiedo di essere aiutato a fare in modo che i ricorsi siano ammessi nei rari casi in cui conviene che siano ammessi (cinque o dieci per cento dei casi rispetto a oggi?), che siano accompagnati dalle opportune garanzie finanziarie, che i ricorsi dichiarati infondati provochino le logiche conseguenze negative a chi li ha sollevati e che siano decisi nei tempi coerenti con l’obiettivo di non legare le gambe all’Italia. Possibile che non ci sia qualche giurista disposto ad aiutarmi nel risolvere questo problema?“.
Ciò che è peggio è che il suo discorso mistifica la realtà, fatta invece di un forte calo del contenzioso amministrativo essenzialmente dovuto all’aumento davvero vertiginoso dei costi fissi per l’accesso.
Ciò è stato riconosciuto, ma solo da ultimo, anche dal Presidente del Consiglio di Stato Giorgio Giovannini, nella sua relazione di insiediamento ed apertura dell’anno giudiziario 2013, nella quale egli afferma che “…va in buona misura imputato all’entità del contributo unificato, recentemente ancora accresciuto, che ha ormai raggiunto o forse superato i livelli di guardia, oltre i quali può restare inciso, sotto il profilo della effettività, lo stesso diritto costituzionalmente garantito alla tutela giurisdizionale.
Sul quotidiano Il Messaggero dell’11 agosto 2013, l’ex Guardasigilli Paola Severino ha risposto all’appello di Prodi con un discorso più organico e colto, che individua due filoni d’intervento: uno consisterebbe nell’individuare criteri di accesso che evitino l’uso distorto della sospensiva del provvedimento amministrativo e sanzionino i ricorsi pretestuosi, l’altro consisterebbe in un ponderato confronto “…volto al superamento delle tre distinte giurisdizioni” (dibattito meritevole e, mai sopito del tutto, peraltro oramai secolare).
Resta infine nel lettore il forte dubbio che i potentati economici stiano per aprire un altro fronte di deprivazione dei cittadini (persone ed imprese) dei loro diritti fondamentali, continuando nel processo di perfezionamento della gestione oligarchica dello Stato, sempre più corrispondente ad evoluta dittatura “democraticovestita”.

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