L’Avvocato non ha l’obbligo di persuadere il cliente al compimento o non di un atto, ma solo quello di informarlo adeguatamente e di dimostrare di averlo fatto [Cass. Civ., sez. II, 19 aprile 2016 n. 7708].

La Corte di Cassazione, sezione seconda civile, con sentenza 19 aprile 2016 n. 7708, ha stabilito che “l’attività di persuasione del cliente al compimento o non di un atto, ulteriore rispetto all’assolvimento dell’obbligo informativo, è concretamente inesigibile, oltre che contrastante con il principio secondo cui l’obbligazione informativa dell’avvocato è un’obbligazione di mezzi e non di risultato“.
Fermo restando, naturalmente, che “incombe all’avvocato l’onere di dimostrare di avere assolto all’obbligo di diligenza, dovuta ai sensi del combinato disposto degli artt. 1176 c.c. comma 2 e 2236 c.c. – sia all’atto del conferimento del mandato, sia nel corso dello svolgimento del rapporto – quanto ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo il professionista tenuto a rappresentare a quest’ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.
E’ vero, di conseguenza, che incombe sul professionista l’onere di fornire la prova della condotta mantenuta, e che al riguardo non è sufficiente il rilascio da parte del cliente delle procure necessarie all’esercizio dello ius postulandi, trattandosi di elemento che non è idoneo a dimostrare l’assolvimento del dovere di informazione in ordine a tutte le circostanze indispensabili per l’assunzione da parte del cliente di una decisione pienamente consapevole sull’opportunità o meno di iniziare un processo o intervenire in giudizio“. [AA]

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