Step Child Adoption: la Cassazione colma un “vuoto normativo” [di Franco Longo]

Step Child Adoption: la Cassazione 22 giugno 2016 n. 12962 colma un “vuoto normativo.

Legge n. 431/1967: quasi mezzo secolo fa veniva istituzionalizzata l’adozione dei minori.

Già negli anni sessanta, il tema della adozione dei minori, come tutela e assicurazione di uno sviluppo equilibrato della personalità, era proposto e dibattuto da giuristi particolarmente sensibili. Il codice civile, infatti, regolava solo la adozione ordinaria, ovvero quella dei maggiorenni (art 291 e ss cc). L’ottica era per lo più patrimoniale ed era quella di consentire a una persona priva di prole di avere un erede e di trasmettere il proprio cognome. Ma con l’andare del tempo, l’opportunità e la necessità di esaminare l’istituto della adozione non nella predetta ottica, ma in quella di consentire a un neonato, bambino o comunque minorenne, che si trovasse in una situazione di assenza di genitori o di presenza di genitori inadeguati, portò alla presentazione di numerosi disegni di legge. E il Parlamento, con legge n. 431 del 1967 (cosiddetta Dal Canton, ovvero l’Onorevole che presentò il disegno di legge sulla adozione dei minori), introdusse nel nostro ordinamento la disciplina della adozione dei minori che si trovassero in stato di abbandono morale e materiale.

Successivamente, la legge n. 184 del 1983 provvide, tra le tante novità, a prevedere oltre che la adozione, l’affidamento familiare temporaneo in caso di genitori in difficoltà, ma non al punto di rendere il figlio o i figli in stato di abbandono morale e materiale. Tale disciplina si caratterizza per il carattere di “legittimante” della adozione di minori cui sia stato accertato, dai giudici, lo stato di abbandono. In sostanza, il minorenne adottato, diviene figlio legittimo degli adottanti, con tutte le conseguenze anche successorie ed era (ed è) previsto il divieto di conoscere le proprie origini (ora fino all’età di 25 anni, salvo autorizzazione del tribunale, per motivi particolari riguardanti la salute psico fisica dell’adottato, ad anticipare tale diritto). Inoltre, la legge 84/1983 disciplinava e disciplina anche l’adozione internazionale e l’adozione in casi particolari non legittimante (art. 44).

Ancora, la legge 149/2001 ha modificato la legge 184/1983 che è stata in parte mutata e integrata sia dal punto di vista sostanziale che del procedimento. In particolare, è stato previsto che l’adozione di minori legittimante è permessa a coniugi sposati da almeno tre anni e che in questi tre anni possono conteggiarsi l’eventuale periodo di convivenza tra essi, qualora adeguatamente provato, precedente alle nozze.
Sul piano processuale, poi vi sono state diverse novità e aggiustamenti, con riferimento al regime delle opposizioni all’adozione e dei legittimati a proporla, alla nomina di un curatore speciale e anche di un difensore a favore del minore e al diritto all’ascolto di quest’ultimo, in particolare almeno dodicenne.
La predetta modifica della legge 84/1983 è anche, significativamente intervenuta sul titolo della legge: non più adozione del minorenne, ma diritto del minore a una famiglia.
Tutto ciò, di pari passo con importantissime convenzioni internazionali del minore, quale quella di New York del 1989.

Come si vede, il minore non è più da tempo “oggetto di diritti”, ma vero e proprio soggetto di diritti, anche di carattere processuale.
Il diritto minorile è da tempo diventato a tutti gli effetti un vero e proprio ramo giuridico a sé del nostro ordinamento e occorre una certa preparazione e specializzazione, da parte di giudici e avvocati, considerati i delicatissimi diritti in gioco.

Concetto di famiglia.

Nel nostro ordinamento non esiste una definizione del termine “famiglia”. Solo la Costituzione – art. 29 primo comma – fa riferimento alla famiglia come “società naturale” fondata sul matrimonio”. Ma non vi è alcuna definizione, neanche nel codice civile e nella disciplina del matrimonio ivi contenuta. E sappiamo che negli ultimi decenni, facendo leva sull’art. 2 Costituzione, laddove è affermato che la persona e i suoi diritti sono tutelati sia come singolo sia nell’ambito delle “formazioni sociali” ove si svolge la sua personalità, prima la giurisprudenza, poi il legislatore, hanno di fatto e non solo di fatto, aperto la via e riconosciuto la convivenza more uxorio, la famiglia di fatto, e recentemente, con la legge 76/2016, le unioni civili (una sorta di matrimonio tra persone dello stesso sesso, anche se in tale legge non si fa riferimento alla disciplina del codice civile sul matrimonio, e il relativo vincolo è stato concepito come differente rispetto a quello tradizionale tra persone dello stesso).

Si può affermare, quindi, che l’art. 29 Costituzione primo comma, oramai non ha più alcuna particolare sostanza, e che nel concetto di famiglia rientrano tutte quelle compagini accomunate dalla presenza di legami affettivi, stabilità e assistenza reciproca. E ciò a prescindere dal sesso.

Non c’è, quindi, da stupirsi, se in tali contesti di tipo familiare sia riconosciuta anche la possibilità di adottare minori, appunto pur non in presenza di un matrimonio e a prescindere dal sesso dei “genitori”. Ma tale possibilità non è (ancora) stata riconosciuta dal legislatore, bensì dalla giurisprudenza.

Adozione di minori da parte di persona dello stesso sesso (step child adoption).

Venendo a commentare la sentenza della Corte di Cassazione 22 giugno 2016, n. 12962, essa, come anche i precedenti giudici, si sono in qualche modo sostituiti al legislatore e, comunque, proseguono la strada intrapresa di “supplenza” (cosiddetto “diritto vivente”).

Il caso sotteso era il seguente. Due donne convivevano stabilmente da un po’ di tempo e una delle due, ricorrendo alla fecondazione assistita, aveva avuto un figlio. La compagna convivente aveva chiesto l’adozione del figlio dell’altra. E i giudici l’hanno ammessa.

In assenza di una norma specifica, la Cassazione, facendo anche riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n. 383/1999, ha fatto leva sulla disciplina prevista dall’art. 44 legge adozione minori che come visto ora è rubricata diritto del minore a una famiglia e, in particolare, alla fattispecie di cui alla lettera d) di tale art. 44. Tale disposizione tratta del caso dell’adozione del minore nelle ipotesi in cui non vi è la possibilità di procedere con la fase dell’affidamento preadottivo. E, quindi, nel caso in questione, essendo il minore già stabilito all’interno della “famiglia” rappresentata dalla coppia di donne, tale fase, prevista nei casi dell’adozione di minori legittimante, non era attuabile. Ancora, i giudici, hanno affermato che le ipotesi di cui all’art. 44 legge adozione prescindono dallo stato di abbandono previsto per l’adozione legittimante, come presupposto essenziale per addivenire, appunto, alla adozione legittimante.

Chiaro, però, come affermato dai medesimi giudici di legittimità, che in concreto occorre tenere in considerazione il “preminente interesse del minore” e, quindi, valutare se tale adozione non pregiudichi la sua educazione e il suo sviluppo psico-fisico. Aspetti non assoggettabili o estendibili, a livello di valutazione, al giudice di legittimità, ma ai giudici di merito, come aspetti “di fatto” o del caso concreto.

Quindi, la Corte di Cassazione, ha valutato la questione dal punto di vista della legittimità della questione, affermando l’adozione e, quindi, confermando quanto avevano statuito prima il Tribunale e poi la Corte di Appello.

Occorre osservare che la Procura Generale della Cassazione era piuttosto contraria a questa affermazione di principio e aveva proposto che la questione fosse rimessa alle Sezioni Unite, trattandosi di aspetti etici e alquanto delicati, e fosse nominato un curatore speciale al minore. Proposte, però, disattese dalla Sezione della Cassazione investita dell’esame del caso.

Va, infine, evidenziato che la Cassazione non è il legislatore e, come tale, non vincola gli altri interpreti e qualsiasi altro giudice sia di merito che di legittimità e magari anche altra sezione della Cassazione o magari la medesima poi formata da altri componenti.

Sembra chiara però la direzione intrapresa e del resto, la vicenda di cui ci si sta occupando, è stata oggetto di duro scontro tra le forze politiche prima che fosse approvato a inizio marzo 2016 il maxiemendamento che ha escluso (per il momento) la previsione della step child adoption.

Si tratta di materie che investono la coscienza personale e, quindi, come è stato osservato da taluni giuristi anche avvocati, così come la costituzione della unione civile potrebbe essere rifiutata dall’Ufficiale Civile o Sindaco di un Comune, allo stesso modo ci si potrebbe “astenere” nel disporre tali tipi di adozione invocando l’obiezione di coscienza.

[Franco Longo - Avvocato, cultore della materia presso la Facoltà di Giurisprudenza di Genova, dipartimento diritto privato, già Professore a contratto presso la Facoltà di giurisprudenza di Verona, insegnamento di diritto privato]

I commenti sono chiusi.